La vagina, questa sconosciuta… Nonostante i tanti appellativi, l’organo femminile per eccellenza è rimasto un taboo per la maggior parte della storia dell’uomo.

Basta pensare che il termine medico per descrivere la parte più interna dell’apparato genitale femminile verrà introdotto solo dopo la metà del 1600. Prima di allora, dubbi, miti e leggende aleggiavano intorno al sesso femminile. Lo stesso termine di derivazione latina “vagina” si riferiva alla guaina o fodera della spada.

Secondo Galeno di Pergamo, medico dell’antica Grecia, “tutte le parti che hanno gli uomini le hanno anche le donne (all’interno)”. I genitali femminili vengono visti come la versione imperfetta di quelli maschili, né più né meno, in quanto la visione del corpo umano si reggeva su un’unica struttura fondamentale, quella maschile [1].

La confusione, anche di natura terminologica, deriva da una mancata esigenza, da parte degli studiosi antichi, di sviluppare un preciso vocabolario anatomico. Non ci sorprende perciò che in campo medico la vagina, così come altre parti del sistema riproduttivo femminile, sia rimasta pressoché un mistero.
La verità è che fino al ‘700 nessuno si mostrò particolarmente interessato a dimostrare l’esistenza di due sessi distinti, a indagarne le differenze fisiologiche, fino a che queste non divennero politicamente rilevanti.

La scoperta

Furono l’Illuminismo con la sua spinta propulsiva verso le scienze e la ricerca, anche in campo medico, a gettare una nuova luce sull’anatomia dei corpi maschili e femminili. Allo stesso tempo, grazie all’avvento della stampa, la cosiddetta “print cuture”, molte più persone avevano accesso a nuove immagini e informazioni sul corpo femminile.
Insomma, nella metà del diciottesimo secolo vengono finalmente scoperti e riconosciuti “i due sessi”. Uomini e donne sono considerati diversi da un punto di vista biologico e gli organi della riproduzione sessuale femminile vengono finalmente battezzati: vagina e ovaie.

Certamente ne abbiamo fatta di strada dall’antica Grecia, quando si riteneva che uomini e donne condividessero letteralmente gli stessi organi.
Eppure, ancora oggi c’è una terminologia imprecisa e vaga quando dobbiamo parlare della vagina. Da espressioni del tipo “lì sotto”, alla “patata”, ne abbiamo pensate centomila per non nominare la vagina, mentre quando la si nomina lo si fa spesso in maniera imprecisa. Ci sono tanti uomini e donne che ancora oggi confondono la vagina con la sua più prossima “cugina”, la vulva, senza avere in mente una chiara e precisa distinzione tra l’apparato genitale femminile interno ed esterno.

Nel 1970 la pubblicazione del libro “Our bodies, ourselves” di Judy Norsigian fu un chiaro segnale del cambiamento in atto. Questo grande classico del femminismo divenne presto un bestseller, il manifesto di una rivendicata sessualità ed eccezionalità del corpo femminile con i propri caratteri unici e distintivi. Una vera e propria rivoluzione per l’epoca. [2]

E poi venne la televisione, la radio. Poi internet e i social. L’informazione libera del web 2.0 accessibile 24h ha spazzato via qualunque ombra sulla sessualità femminile. O almeno così crediamo. In realtà questo momento di “grande apertura” in cui pensiamo di vivere sembra più un’illusione che la realtà dei fatti.

Nel 2016 un sondaggio condotto da The Eve Appeal, organizzazione britannica senza scopo di lucro impegnata nella ricerca e nella sensibilizzazione dei tumori ginecologici, ha rivelato che su 1.000 donne residenti nel Regno Unito ben il 44% non era in grado di identificare la vagina su un’illustrazione del tratto riproduttivo femminile. [3]
La stessa associazione un anno prima interrogava invece il sesso maschile. Su 2.000 uomini adulti intervistati, oltre il 50% non è riuscito a identificare la vagina. Inoltre, metà dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di non sentirsi a proprio agio nel parlare di problemi ginecologici con le proprie partner.

Questo dato è ancora più preoccupante in quanto, come sottolinea la Dottoressa Jen Gunter, medico specialista in ginecologia di San Francisco, in un’intervista a Health, l’uomo può e dovrebbe giocare un ruolo cruciale nell’individuare anomalie nel sistema riproduttivo femminile. Al tempo stesso, conferma come spesso le pazienti facciano riferimento impropriamente alla vagina per descrivere i sintomi accusati, sottolineando come al di là di una questione di “empowerment”, la conoscenza della propria anatomia è fondamentale da un punto di vista clinico.

Certamente il riconoscimento del sesso femminile da un punto di vista medico è davvero recente. Ma quanto ci vorrà ancora per eliminare ogni imbarazzo e riuscire a parlare dell’apparato riproduttivo delle donne senza troppi fronzoli, chiamando le cose con il proprio nome? Noi siamo certi che questa nuova consapevolezza sarà il passo fondamentale per la prevenzione e una maggiore tutela della propria salute sessuale e generale.

Fonti:

[1] Wikipedia: L’identità sessuale dai Greci a Freud
[2] Healthline: The Surprisingly, Very Brief History of the Vagina
[3] Health: In Today’s Sad News, Half of Men (and Almost as Many Women) Don’t Know Where the Vagina Is